ASSEGNO MANTENIMENTO: con il nuovo art. 570 bis del codice penale, rischia il carcere chi non paga l’ex moglie

ASSEGNO MANTENIMENTO: con il nuovo art. 570 bis del codice penale, rischia il carcere chi non paga l’ex moglie

Dott.ssa LUCREZIA STAFFIERI

Dal 6 aprile 2018 entra in vigore il nuovo articolo 570 bis del codice penale, sulla violazione degli obblighi di assistenza familiare, che prevede una nuova e specifica fattispecie di reato per il coniuge “che si sottrae aill’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli”.

Il legislatore ha voluto così riordinare una disciplina confusa e frammentaria risalente al 1930, oggetto negli anni di numerose modifiche e spesso e volentieri lasciata quasi per intero all’ interpretazione (più o meno arbitraria) dei giudici. Sono state infatti abrogate due norme speciali che si occupavano della materia: la prima è l’articolo 12-sexies della legge sul divorzio (n. 898/1970), che stabiliva che “al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno dovuto a norma degli articoli 5 e 6 della presente legge si applicano le pene previste dall’art. 570 del codice penale”, e la seconda è l’articolo 3 della legge numero 54/2006 che, in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, stabiliva che “in caso di violazione degli obblighi di natura economica si applica l’articolo 12-sexies della legge 1º dicembre 1970, n. 898”.

Il Codice penale del 1930 con l’art. 570 perseguiva genericamente coloro che facevano mancare i mezzi di sostentamento ai discendenti – in genere ai figli, ma la norma, ove interpretata in maniera rigorosa, consentiva di punire solo chi faceva dolosamente mancare ai familiari i minimi mezzi di sostentamento, come a dire che potendo comunque dimostrare al giudice una difficoltà economica dell’obbligato e la possibilità dell’altro coniuge di accedere ai beni di prima necessità, era fino ad oggi possibile sfuggire alla condanna. Nel 1987 divenne reato il semplice non pagare, per l’ex o per i figli, gli assegni stabiliti dalla sentenza di divorzio (non da quella di separazione) e dal 2006 non pagare per i figli in genere, ed in entrambi i casi a prescindere dalla condizione di povertà assoluta dell’ex o dei figli, bastando semplicemente il mancato versamento dell’importo stabilito dal Giudice per integrare il reato.

Con la nuova norma firmata dal ministro Andrea Orlando, il reato conseguente al mancato versamento del mantenimento viene ora punito con sanzioni estremamente severe (reclusione in carcere sino ad un anno e multa da 103 a 1032 euro), senza tener conto, tuttavia, dei possibili pericoli operativi e delle implicazioni incerte legate alla introduzione del 570 bis:

  • Alla luce dell’estrema genericità della norma, si espone ad una denuncia anche il coniuge che, nonostante abbia puntualmente versato l’assegno mensile, non abbia rimborsato le spese straordinarie per i figli (ad es. una visita medica o lo sport pomeridiano), spese che spesso superano quelle ordinarie, e soprattutto che non sono predeterminate o prevedibili su base periodica, e che potrebbero quindi risultare non sostenibili in base al reddito della parte valutato dal Tribunale nello stabilire il mantenimento; eppure il legislatore non fa alcuna menzione ad un limite o a termini per l’adempimento degli altri “obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli”.
  • Si rischia la galera anche per non aver pagato l’assegno disposto in corso di causa, assegno che dalla sentenza finale potrebbe risultare non dovuto o inferiore a quello provvisoriamente previsto dal giudice: in sostanza, ogni inosservanza dei propri obblighi diventa sempre più insidiosa se non motivata con estrema precisione in sede giudiziale, mettendo a dura prova l’accertamento del dolo del reato, che è principio cardine del diritto penale.
  • Se finora i padri separati che versavano in condizione di indigenza ed impossibilità ad adempiere hanno a volte scampato la condanna dimostrando la loro incolpevole e effettiva “non capacità economica”, la prova, già di per sé molto difficile, oggi sembrerebbe del tutto irrilevante rispetto alla esistenza di una obbligazione giudiziale.
  • Da ultimo, il legislatore prevede come reato non pagare l’assegno di separazione per il coniuge, mentre non pagare l’assegno per il figlio maggiorenne diviene reato solo in caso di divorzio, ma non in caso di separazione: viene cioè operato un distinguo del quale sinceramente si fa fatica a capire la ratio, tra figli maggiorenne di genitori separati e divorziati.
  • Anche per i figli nati da coppie non sposate valgono i principi penalistici in caso di fine della convivenza, ma solo dopo che il tribunale avrà stabilito un obbligo al versamento di un importo di mantenimento periodico.
  • I conviventi more uxorio che abbiano stipulato contratti di convivenza, o le persone omosessuali che si siano unite civilmente ai sensi della legge 76/2016, ad una prima lettura del 570 bis sarebbero di fatto esclusi dall’ applicazione del nuovo reato, facendo riferimento la norma esclusivamente ai “coniugi”: tuttavia, il ministero ha però chiarificato che il nuovo articolo è efficace nei confronti delle coppie di genitori che si siano unite civilmente o che abbiano stipulato un contratto di convivenza.
  • Le porte del carcere si aprono concretamente per i recidivi: infatti chi dovesse più volte essere coinvolto in un procedimento penale per il nuovo reato, vista la misura delle pene previste e vista la nuova impossibilità di beneficiare della sospensione condizionale della pena per più volte, rischia ad oggi di andare effettivamente in galera.

In conclusione, ancora una volta il legislatore è intervenuto in modo confuso, complicando più che facendo chiarezza in una materia che, considerata la crisi economica e la rilevanza sociale degli obblighi di mantenimento, avrebbe certamente meritato una disciplina più ragionata ed organica. Si è invece lasciato, ancora una volta, troppo margine di interpretazione alla magistratura, con il rischio di applicazioni anche molto diverse tra le varie aule di giustizia nelle vari sedi del nostro paese, ad esempio tra grandi città e piccoli tribunali, ovvero tra nord e sud, come notoriamente è avvenuto nella giurisprudenza di questi anni in materia di famiglia.

 

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