Strage di Brandizzo: non è errore umano, ci sono responsabilità di sistema

Ennesima tragedia sul lavoro, INVESTITI E UCCISI DAL TRENO IN CORSA CINQUE LAVORATORI SULLA LINEA FERROVIARIA TORINO MILANO ALL’ALTEZZA DI BRANDIZZO.

L’incidente ferroviario, che la scorsa notte del 31 agosto 2023 è costato la vita a cinque lavoratori sulla tratta ferroviaria Torino Milano, ripropone drammaticamente il tema della sicurezza nell’ambito dei grandi trasporti, ossia quello di cui ci siamo occupati in tutti i processi penali degli ultimi quindici anni per i maggiori disastri ferroviari (Viareggio, Andria-Corato, Pioltello, Caltanisetta etc) e marittimi (Costa Concordia, Jolly Nero, Norman Atlantic), ai quali abbiamo partecipato cone avvocati di parte civile al fianco dei familiari delle vittime e per anmil, a tutela della prevenzione e sicurezza nel mondo del lavoro; morti e condanne penali arrivate dopo anni di duro lavoro, che non sembrano purtroppo aver implementato a sufficienza quello che era l’obiettivo principale della nostra azione: far sì che tragedie come quelle non si potessero ripetere, spingendo le aziende a migliorare il sistema della prevenzione e delle responsabilità di gestione.

PERSISTE UNA LATENTE TRASCURATEZZA degli aspetti legati all’organizzazione della sicurezza sui luoghi di lavoro, compito che grava sul datore di lavoro in settori critici come quello della manutenzione ferroviaria e portuale, che spesso viene delegato a subappaltatori e svolto in maniera superficiale, curando gli adempimenti formali ma omettendo l’analisi accurata e approfondita dei rischi dello specifico ambiente di lavoro, sopratutto in seguito a precedenti o scampati incidenti (near miss). A nulla vale invocare il principio per cui sono ambienti di lavoro pericolosi perché la giurisprudenza che abbiamo contribuito ad affermare, insegna che proprio quando il pericolo è noto, non si può parlare di rischio inevitabile ma al contrario devono essere elevate l’attenzione dei responsabili e sopratutto le soglie di controlli sulla applicazione delle procedure di sicurezza a tutela degli operai, attraverso sistemi prevenzionali complessi che scongiurino la disattenzione, il possibile errore umano ed anche il caso fortuito.

COME AVVOCATI SPECIALIZZATI nei disastri ferroviari e sulle morti sul lavoro, proviamo difatti un profondo senso di sconforto e di amarezza, perché attraverso l’esperienza maturata in questi decenni – oltre che processualmente – anche dal punto di vista tecnico sulle dinamiche di sviluppo di questa tipologia di incidenti mortali sul luogo di lavoro, sembra possibile già affermare che in questa terribile vicenda non sia possibile parlare di fatalità o di morti bianche, mentre sono certamente individuabili numerose responsabilità e leggerezze.

NELL’INCIDENTE FERROVIARIO DI BRANDIZZO, in cui hanno perso drammaticamente la vita i cinque operai – Kevin Lagana, Michael Zanera, Giuseppe Sorbillo, Giuseppe Saverio Lombardo, Giuseppe Aversa – che lavoravano per la Sigifer, società con 250 dipendenti che opera in Europa e Sudamerica per la manutenzione ferroviaria dal 1993 ed ha 250 dipendenti, qualcosa di evidentemente importante non ha funzionato, ed a nostro parere non è accettabile ipotizzare una disattenzione od un comportamento anomalo degli operai, ne si dovrà puntare il dito solo verso il responsabile della sicurezza della ditta od il caposquadra addetto alle comunicazioni per il turno di lavoro (ossia il fattore umano), ma gli investigatori e la Procura di Vercelli, che sono già al lavoro, dovranno mettere in discussione l’intero sistema di gestione della manutenzione ferroviaria della rete Rfi (ossia il fattore della responsabilità di sistema), e verificare se alla base della tragedia avvenuta in piena notte e su un tratto ad intenso passaggio di treni vi sia stata, ancora una volta come molto spesso in passato, una logica di prevalenza sulla operatività dei convogli a discapito della sicurezza degli operatori, ossia in altri termini un risparmio sulla sicurezza per logiche di produttività, molto spesso indotto dalla pressione fatta dai committenti per lo svolgimento urgente ed in economia dei lavori.

L’INCHIESTA SUL DISASTRO della Polfer e della Procura di Ivrea, sotto la guida del pubblico ministero di Ivrea Giulia Nicodemi, dovrà chiarire alcuni aspetti: i primi accertamenti punteranno all’esame dei documenti e dei fonogrammi trasmessi secondo opportune regole per permettere la verifica successiva. Qualcosa potranno dire le immagini delle telecamere: l’area del binario 1 (dove è avvenuto l’impatto) è sotto l’occhio della videosorveglianza i cui filmati verranno analizzati.

Prima verifica è se il passaggio fosse stato autorizzato in quanto dai primi accertamenti della Polfer, e dall’incrocio di dati e documenti analizzati fin qui, sembra che il passaggio della motrice e dei vagoni, impegnati in uno spostamento logistico, non fosse previsto e autorizzato. Solitamente, quando si devono eseguire lavori sulla linea, questa viene «interrotta» con un provvedimento scritto di «nulla osta formale ad operare, in esito all’interruzione concessa, da parte del personale abilitato di Rfi». Le indagini dovranno dunque chiarire che cosa non è concretamente avvenuto nella comunicazione tra l’impresa impegnata nei lavori stessi e Rfi.

DAI PRIMI DETTAGLI DEL DISASTRO abbiamo notato che la certificazione relativa alla sicurezza sul lavoro mostrata sul sito di Sigifer appare essere scaduta il 27 luglio scorso. Una prima certificazione «UNI ISO 45001:2018» è la numero 29442 rilasciata da una società appartenente alla Cisq, e ha una ultima emissione il 28 luglio del 2020 e una scadenza il 27 luglio 2023. Un secondo certificato, il numero IT-119334, ha eguali date di ultima emissione e di scadenza. Non è ovviamente escluso che il certificato aggiornato ci fosse, ma che non fosse ancora stato sostituito sul sito. Una prima anomalia che ci sentiamo di segnalare e che ovviamente sarà oggetto di attenta verifica da parte degli inquirenti.

I LAVORATORI NON SONO MAI COLPEVOLI, la morte non è certo una automatica assoluzione da imprudenze e negligenze, ma in una vicenda come quella di Brandizzo è fin troppo chiaro che non può nemmeno lontanamente ipotizzarsi che una intera squadra, travolta da un treno in corsa (e due altri lavoratori che sono sfuggiti miracolosamente alla morte), mentre era al lavoro in un ambiente a rischio come quello ferroviario, non avrebbe mai accettato il rischio di perdere la vita operando in condizioni come quelle che hanno determinato la tragedia. Gli addetti alla manutenzione ferroviaria sono abituati a lavorare su tratte anche non interrotte, ma in quel caso c’è sempre un elevatissimo controllo sui convogli in passaggio, e non solo da parte della squadra stessa, ma anche dalla centrale operativa, dai macchinisti dei treni e dalle stazioni di transito. In questo caso sembra invece che nessuno sapesse niente, ed è proprio per questo che non è ammissibile ipotizzare una tragica fatalità, o peggio un errore umano, tantomeno da parte dei lavoratori.

LA STRAGE DI VIAREGGIO ci ha insegnato infatti che proprio la contestazione sulla aggravante della violazione delle norme prevenzionali, rappresenta il punto di forza ma anche la anello debole in caso di constatazione di omicidio colposo sul luogo di lavoro, per garantire la affermazione delle responsabilità di natura penale, non solo nei confronti del primo responsabile ma anche rispetto alle aziende ed al committente, in mancanza delle quali il processo penale porta sempre ad un parziale ed insufficiente risultato, soprattutto per la sacrosanta pretesa di giustizia dei familiari dei lavoratori e delle vittime.

LA SEDE DELLE INDAGINI ci rassicura molto sul fatto che l’attenzione sarà rivolta anche verso l’alto ai vertici aziendali, frutto di una tradizione avviata dal PM torinese Guariniello nella strage Thissen ed eternit; infatti le ipotesi di reato per cui indaga la Procura di Ivrea sono quelle di omicidio plurimo e disastro ferroviario, ma non si esclude che venga contestato il dolo eventuale:. “Dalle prime indagini emergono gravi violazioni della procedura di sicurezza”, ha detto la procuratrice di Ivrea Gabriella Viglione. Se le regole fossero state seguite attentamente, sostengono gli inquirenti, la tragedia non si sarebbe mai verificata: “Non ci sarebbe stata l’autorizzazione a lavorare sui binari al momento del passaggio del treno”. Indue indagati quindi ( capo cantiere ed addetto Rfi) potrebbero essere la punta dell’iceberg se gli inquirenti dovessero escludere che, come sosteniamo con forza in tutti i processi di questo genere, non ci si possa limitare alla ipotesi di errore umano.

COME TUTELARSI: sarà fondamentale per familiari delle vittime la possibilità di partecipare al processo penale, non solo per ottenere un risarcimento del danno subito dalla perdita dei loro cari (quello è un loro diritto ottenibile anche in sede civile) ma soprattutto per contribuire all’accertamento di TUTTE le responsabilità per quanto accaduto, ed ottenere la punizione degli eventuali responsabili, anche in termini di danni punitivi a scopo esemplare. Esiste infatti la possibilità di costituirsi parte civile nell’ambito del processo penale con l’assistenza di un avvocato, entrando in questo modo con pieni poteri nel processo per ottenere giustizia.

I familiari che si costituiranno parte civile potranno in tal modo chiedere l’accertamento sia della responsabilità penale che di quella civile, chiedendo dunque la condanna dei responsabili alle pene previste per legge e al risarcimento dei danni.

LA CONDANNA DELLE AZIENDE: l’obiettivo della partecipazione al processo è anche quello di chiedere la estensione della condanna alle aziende (committente ed appaltatore), responsabili degli adempimenti previsti dalle normative vigenti a tutela della vita di tutti i lavoratori.
È dunque importante stare nel processo per vigilare che anche questa parte della normativa trovi piena attuazione perché solo in questo modo è possibile ottenere il miglioramento delle condizioni di sicurezza, e far sì che ogni incidente e strage sul lavoro non resti un caso a se, ma contribuisca a spingere le imprese ad un investimento sulla sicurezza e sulla prevenzione in ambiente lavorativo.

ANMIL ha conferito già il mandato all’avv. Alessandra Guarini di Biella del ns team legale, per intervenire sul caso e svolgere quelle fondamentali azioni che, negli anni, abbiamo imparato a mettere in campo sin dalle prime ore per contribuire ad un accertamento di responsabilità il più ampio ed esteso possibile, senza trascurare aspetti e soggetti che potrebbero non finire immediatamente nel mirino delle Procure eppure, spesso, sono partecipi nelle condotte indirette non solo omissive ma anche commissive che hanno preparato il terreno per il disastro.

Massimiliano Gabrielli, Avvocato a Roma


CHI SIAMO

Siamo un team di avvocati, esperti in Ship & mass disaster, siamo stati protagonisti di primo piano in molte altre iniziative processuali a tutela delle vittime di mass disaster e danni seriali nei grandi trasporti, in rappresentanza di vittime e per ANMIL associazione nazionale delle vittime e mutilati sul lavoro; abbiamo sostenuto tra i primi in Italia il tema dei danni punitivi in ambito dei processi penali per morti bianche ed in ambiente lavorativo, in processi come il disastro dei treni Andria-Corato e strage ferroviaria di Viareggio, come “Giustizia per la Concordia” siamo stati leader tra le parti civili nel processo per il naufragio della Costa Concordia e come parti civili in“”Giustizia per Norman Atlantic” nella tragedia dell’incendio a bordo del traghetto Norman Atlantic della compagnia Anek Lines avvenuto il 28.12.2014, “Giustizia per Jolly Nero” nel disastro nel porto di Genova tra la Jolly Nero ed il conseguente crollo della torre piloti del 7 maggio 2013 in cui persero la vita nove persone

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