Esplosione ENI di Calenzano, come Viareggio

Sicurezza sul lavoro: quando la logica del profitto prevale sulla tutela della vita umana

Il tragico incidente avvenuto presso il deposito ENI di Calenzano, che ha provocato due morti e nove feriti, ci riporta, ancora una volta, alla drammatica realtà della sicurezza sul lavoro in Italia. Un tema su cui, come legali e difensori dei diritti delle vittime, ci battiamo da decenni, affiancando associazioni come ANMIL, per ribadire un principio fondamentale: la tutela della sicurezza della vita umana deve prevalere su ogni logica di profitto.

La dinamica dell’incidente, sebbene ancora al vaglio delle autorità, suggerisce l’ennesima dimostrazione di come il mancato rispetto delle norme di sicurezza possa avere conseguenze devastanti. Questo tragico evento richiama alla memoria la strage di Viareggio del 29 giugno 2009, quando il deragliamento di un treno che trasportava GPL causò un’esplosione incendiaria che ha devastato un intero quartiere, mietendo decine di vittime e ferendo gravemente numerosi residenti. Anche in quest’occasione, oltre ai cinque operai alla guida di autocisterne e che si trovavano nell’area della pensilina di carico ed erano stati registrati come “visitatori” dai dipendenti del sito, tutta l’area adiacente al luogo di esplosione è stata coinvolta, con molti feriti provocati dalla frantumazione dei vetri delle finestre.

Secondo quanto trapela dall’inchiesta della Procura di Prato al momento dell’esplosione, nelle vicinanze della pensilina numero 6 era in atto il sollevamento di un carrello, tramite un macchinario, proprio in concomitanza alla formazione di una nube di vapori di carburanti. La vicinanza di questa operazione potrebbe aver contribuito all’innesco dell’esplosione allo stabilimento Eni

Similmente al caso di Calenzano, la strage di Viareggio rappresenta un tragico esempio delle conseguenze di una gestione inadeguata dei rischi industriali e di trasporto e gestione di materiali e merce pericolosa. Entrambi gli episodi dimostrano come l’assenza di adeguati protocolli di sicurezza, il rispetto dei tempi di consegna e del risultato a tutti i costi possa mettere in pericolo non solo i lavoratori, ma anche intere comunità. E tutti questi soggetti hanno legittimazione a partecipare al fascicolo penale oltre che ad essere risarciti per i gravi danni subiti, sulle proprietà ed alle persone.

In un sistema produttivo sempre più orientato al contenimento dei costi e alla massimizzazione dei ricavi, si tende a considerare gli investimenti in sicurezza come “spese superflue”. Questo approccio è inaccettabile, poiché la sicurezza sul lavoro non è un lusso, ma un diritto inalienabile, sancito dalla nostra Costituzione e fortemente tutelato dalla normativa vigente, che però non si riesce ad imporre, soprattutto nelle grandi aziende legate proprio allo Stato, che dovrebbe garantire per primo il rispetto delle leggi. Nonostante il quadro normativo italiano sia tra i più completi in Europa, la sua applicazione concreta resta spesso carente. Gli incidenti sul lavoro, anche quelli di gravissima entità come questi, sono il sintomo di un sistema che continua a sacrificare il benessere dei lavoratori sull’altare della produttività.

È proprio in questo contesto che si inserisce il nostro impegno per l’affermazione del principio dei danni punitivi nei processi civili: un concetto volto a scoraggiare comportamenti negligenti da parte delle aziende, imponendo loro un costo che superi di gran lunga il mero risarcimento dei danni materiali, con effetto deterrente ed esemplare con efficace risultato prevenzionale, semplicemente perchè il rischio dei “danni attesi” non è più conveniente economicamente.

Il principio dei danni punitivi, se applicato in modo sistematico, rappresenterebbe un punto di svolta nella lotta contro le morti bianche e gli infortuni gravi. È uno strumento giuridico che mira non solo a condannare gli imputati e risarcire le vittime, ma anche a punire economicamente le condotte gravemente colpose di politica aziendale, inducendo le imprese a investire di più nella prevenzione.

La tragedia di Calenzano, come quella di Viareggio, non deve essere archiviata come “un altro incidente”. È un monito per tutte le istituzioni e per le imprese: il diritto alla vita e alla sicurezza sul lavoro deve essere il punto di partenza di ogni attività produttiva, non una variabile dipendente dalla logica del profitto.

Sappiamo da fonti giornalistiche che per i cinque morti e 26 feriti, i reati ipotizzati dalla Procura di Prato per l’esplosione avvenuta nell’area di carico del deposito di carburanti Eni di Calenzano, sono per Omicidio colposo plurimo, lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro oltre che per disastro colposo, e soprattutto ha nominato due esperti per accertare le cause dell’innesco: questo conferma che la Magistratura è orientata ad accertare con rigore non solo la dinamica dei fatti ma anche tutte le responsabilità – anche di vertice e di contorno – che possono aver creato il terreno fertile per il verificarsi di questo ennesimo e gravissimo disastro, nella convinzione che ancora una volta sia la corsa al risultato economico imprenditoriale ad aver elevato il rischio e sospinto una politica del profitto.

E siamo certi che la nostra battaglia processuale condotta come avvocati delle vittime per la strage ferroviaria di Viareggio, per il disastro di Rigopiano e di molti altri disastri annunciati, troverà sempre più spazio ed affermazione anche nelle sentenze, fino a prevalere sul concetto di danni compensativi e tabellari in questi che non sono incidenti, ma stragi annunciate.

L’azione e partecipazione a questi processi in tutta Italia anche da parte di ANMIL ci ha permesso di dare continuità ai risultati ottenuti in un processo, e farne esperienza utile per gli altri, per contribuire ad una crescita della cultura anche giudiziaria per la morte sul lavoro, che ancora non è previsto come reato autonomo, a differenza dell’omicidio stradale, e non ha procure e sezioni giudiziarie specializzate in materia.

Rinnoviamo il nostro impegno e la nostra vicinanza, al fianco delle vittime e delle loro famiglie, affinché episodi come questi non si ripetano più e affinché la giustizia non sia solo un ideale astratto, ma un risultato concreto, non succedano mai più.

Avv. Massimiliano Gabrielli

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.